Le patologie cardiovascolari (Cardiovascular Disease – CVD) rappresentano la maggiore causa di morbilità e mortalità nei Paesi Occidentali. Sono considerate malattie cardiovascolari tutte le patologie del cuore e dei vasi sanguigni. Le più frequenti sono la cardiopatia coronaria ischemica, tra cui l’infarto acuto del miocardio e l’angina pectoris, e le malattie cerebrovascolari che comprendono l’ictus ischemico ed emorragico.
Le patologie cardiache detengono il primato tra le cause di morte nel mondo occidentale. All’inizio del XX secolo le malattie cardiovascolari erano considerate la causa di circa il 10% della mortalità totale in tutto il mondo. Sul finire del secolo la percentuale è salita al 50% nei paesi industrializzati. Secondo alcune stime per il 2020 un terzo delle cause di morte nel mondo, includendo i paesi emergenti, sarà dovuto alle malattie cardiovascolari.
Ogni anno in Italia muoiono circa 243 mila persone per malattie cardiovascolari. I decessi per infarto miocardico sono 37 mila all’anno. Oggi è possibile identificare i pazienti che hanno maggiore possibilità di essere colpiti da una patologia cardiovascolare. Tra le principali cause e/o fattori di rischio un ruolo di primaria importanza lo giocano l’età, il sesso maschile, la familiarità per cardiopatia ischemica, il diabete mellito, l’ipertensione arteriosa, l’ipercolesterolemia, il fumo e lo stress.
Tali fattori di rischio, tuttavia, non sono sufficienti a spiegare tutti i casi di infarto che si manifestano in individui non a rischio: per questo motivo la ricerca e gli studi clinici si sono indirizzati verso l’individuazione di nuovi marcatori, sia legati ai vari cicli metabolici (tra cui i processi emocoagulativi ed infiammatori) che a livello genico, al fine di individuare la predisposizione genetica allo sviluppo di una determinata patologia cardiovascolare.
I tradizionali fattori di rischio, come l’ipercolesterolemia, l’ipertensione, il diabete, il fumo e l’obesità non rendono tuttavia
ragione di tutti i casi di queste malattie. Infatti, circa il 50% dei soggetti che sviluppano una patologia cardiovascolare non
presenta nessuno di questi fattori di rischio.
Ma allora qual’è l’anello mancante?
La risposta è l’ereditarietà. In molti soggetti, infatti, l’unico fattore di rischio evidente è una storia familiare di malattia
cardiovascolare precoce, indicando chiaramente una predisposizione genetica allo sviluppo della patologia.
Negli ultimi anni, quindi, è sorta la necessità di identificare eventuali marcatori genetici di rischio cardiovascolare allo scopo di permettere lo sviluppo di nuove misure preventive e terapeutiche.
In tale contesto, recentemente, alcuni ricercatori hanno dimostrato che le patologie cardiovascolari generano da complesse interazioni tra geni e fattori ambientali (fumo, dieta alimentare, mancanza di esercizio fisico, etc.). Tra questi geni, il gene dell’Angiotensinogeno (AGT) , del Fattore V di Leiden (F5), della Protrombina (Fattore II) e della Metilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR) hanno mostrato di esercitare un ruolo primario nell’insorgenza di tali patologie.
La medicina predittiva
Il progetto genoma umano ha consegnato alla comunità scientifica internazionale una sequenza genetica di tre miliardi di paia di basi condivisa al 99,9% da tutti gli individui. Le differenze fra individui sono costituite per la maggior parte da polimorfismi nucleotidici, ovvero cambiamenti di una singola base nel DNA.
In campo medico, le nuove conoscenze sul Genoma Umano hanno permesso il consolidarsi di una nuova dimensione molecolare della medicina, in particolare di un settore definito come “Medicina Predittiva”, ovvero una medicina, che basandosi sulle informazioni ricavabili dalla costituzione genetica di un individuo, possa anticipare una stima del rischio di quest’ultimo di sviluppare una determinata patologia durante il corso della vita.
L’interesse per la componente genetica della suscettibilità a malattie complesse sta assumendo sempre più importanza nella medicina moderna, in quanto si sta mettendo in evidenza il ruolo di alcuni polimorfismi genetici relativamente comuni, ma che se associati tra loro e combinati con specifiche componenti ambientali, possono elevare notevolmente il rischio di sviluppare patologie diffuse nella società industriale, quali le malattie cardiovascolari.
Il test genetico
Il test si basa sull’analisi di polimorfismi genetici, localizzati su diversi geni, che sono associati ad un aumentato rischio
di insorgenza di patologie cardiovascolari, allo scopo di determinare dei profili di rischio individuali finalizzati al trattamento personalizzato ed alla prevenzione precoce di queste malattie.
Pannello 14 mutazioni
(Fatt. V Leiden, Fatt. V Y1702C, Fatt.II, MTHFR (C677T, A1298C), Beta Fibrinogeno, PAI-1, Fattore XIII, HPA, ACE, ApoE, AGT )
Diagnosi Molecolare di Trombofilia Ereditaria per Analisi di Mutazione dei Geni del Fattore V, Fattore II e MTHFR,
AGT, ACE; APO E, Fattore XIII, PAI-1, HPA, Beta Fibrinogeno mediante tecnica reverse dot blot..
Pannello Trombofilia 4 mutazioni
Valutazione genetica del rischio di patologie cardiovascolari mediante analisi di mutazione dei geni del Fattore V di Leiden, Fattore II (protrombina) e metilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR), varianti C677T e 1298 A/C
Lo studio di queste varianti geniche è indicata in:
- Soggetti con storia familiare suggestiva di malattie cardiovascolari
- Soggetti con precedenti episodi di tromboembolismo venoso o trombosi arteriosa
- Donne che intendono assumere contraccettivi orali
- Donne con precedenti episodi di trombosi in gravidanza
- Donne con abortività ripetuta
- Donne con precedente figlio con DTN (difetto tubo neurale)
- Gestanti con IUGR, tromboflebite o trombosi placentare
- Soggetti diabetici